Qui di seguito si parlerà di Geiru Toneido, un personaggio videoludico. Ma si parlerà anche di clown. E di trasformazioni e recuperi dei personaggi videoludici.
Procedendo con ordine, si può innanzi tutto ricordare che il clown è da sempre una figura liminale, interstiziale, a cavallo tra più realtà differenti.
Dai clown a Geiru Toneido
Non è mancato chi ha provato ad analizzare, o perlomeno a inventariare, questa pluralità performativa del clown (come Loera 2008) così come esiste una pluralità di specifiche sottolineature, tra cui quella dei “dottori del sorriso”, della clownterapia e dintorni (Spitzer 2001; Adams 2002; Mora-Ripoll 2010), oppure nel mondo del teatro e dello spettacolo (McManus 2003; Tobias 2007; Davison 2013) e altri ancora che sottolineano la “seria giocosità” del clown e la loro performatività articolata (Peacock 2009) o la loro dimensione rituale (Handelman 1981).
Non mancano, in questo contesto, le trasformazioni della figura del clown. Sono particolarmente celebri quelle orrorifiche, grazie a figure come Pennywise, che attingono a un ampio bagaglio archetipale (Meyrer 2018).
E poi c’è Geiru Toneido. Una avversaria di Phoenix Wright: Ace Attorney: Spirit of Justice (2016), di recente tornata alla ribalta sui social, come prosecutrice di un cosiddetto fenomeno clussy. Quest’ultimo termine è una parola macedonia tra “clown” e “p*ssy”. Come intuibile, l’interesse verso Geiru Toneido è determinato dal suo essere una sensuale clowngirl, e le differenti fanart e i meme potenziano e sottolineano questa natura erotica del personaggio.
Non mi interessa, in questa sede, tracciare nuovamente la storia di Geiru Toneido e del termine clussy. Rimando chi fosse interessato a un paio di articoli sull’argomento (Liang 2022 e Taylor 2022). Mi interessa, semmai, ragionare sull’utilizzo del “corpo carnevalesco” di Geiru Toneido in simili contesti, per parlare proprio di una determinata corporeità.
È necessaria una premessa, prima di toccare il discorso specifico: in termini generali c’è sempre, negli ultimi anni, un utilizzo trasformativo, scanzonato e oscillatorio (tra il comico e l’erotico) di corpi peculiari. Videoludici e non solo. I discorsi che ho sviluppato altrove su Ranni e su Alcina Dimitrescu, così come alcuni passati contributi sulle monster girls (Toniolo 2017 e 2021), rientrano tranquillamente in questo discorso. Sono forme di erotizzazione che risultano eccitanti, per alcuni, per altri sono semplicemente cringe (quando non impensabili) e per altre persone ancora costituiscono un semplice materiale memetico.
In un simile contesto generale, la corporeità di Geiru Toneido è anche molto meno strana e atipica. In fondo è solo una ragazza vestita da clown, con due palloncini che simulano un (apparentemente) prosperoso seno. Probabilmente non proprio la più comune delle fantasie sensuali, ma di certo nemmeno la più atipica o inaspettata. E, come detto, c’è anche una fortissima carica memetica dietro a questo ritorno di fiamma di Geiru Toneido: è una ludicizzazione diffusiva a stretto legame con la sensualizzazione del personaggio originario.
Il corpo post-ludico di Geiru Toneido
Esiste una dimensione specificamente carnevalesca, nel corpo di Geiru Toneido. O meglio, in quell’uso della corporeità di cui il corpo di Geiru Toneido è rappresentativo. A tal proposito è utile intendersi sulla terminologia, prima di proseguire.
Gli studi sul significato e l’evoluzione del carnevale sono sterminati. Mi limiterò, in questa sede, a richiamare un breve contributo di Claudio Bernardi (1983) che in poche pagine riassume con chiarezza la questione della corporeità carnevalesca.
Bernardi, in primo luogo, riassume quelli che sono gli elementi primari che, con le loro differenti combinazioni e pesi, producono le diverse esperienze carnevalesche possibili:
- Elementi calendariali-annuali
- Elementi cristiano-pagani
- Elementi stagionali-invernali
- Elementi agricolo-fecondatori
- Elementi socio-conflittuali
- Elementi simbolico-rituali
Fatto ciò, vengono approfonditi tre “corpi”, che di volta in volta prevalgono a seconda delle combinazioni prevalenti: il corpo rituale, il corpo grottesco e il corpo ludico.
Il primo riguarda «l’espressione corporea legata a manifestazioni ierofaniche e cratofaniche, a rituali in cui il simbolismo religioso nella plurivocità del suo spettro a seconda dei contesti rituali è ancora trasparente alla comunità» (Bernardi 1983, p. 280).
Nel corpo grottesco, invece, «l’esaltazione del basso materiale corporeo diventa la distruzione comica del sistema di immagini secondo cui l’immaginazione popolare recepisce l’ideologia ecclesiastica, o quella cultura dotta fondata sulla supremazia dell’alto, del corpo diafano, puro, immobile, il cui centro è il capo al quale tutte le membra obbediscono e nel quale l’anima spirituale combatte contro tutte le pulsioni disordinate dell’uomo» (Bernardi 1983, p. 286).
Il corpo ludico, infine, è «un corpo che pare accettare e rilanciare l’esperienza fondamentale del Carnevale, l’esperienza dell’alterità, dell’essere altro, in un tempo e in uno spazio definiti; un corpo che si mette in scena per rappresentare le tensioni e i progetti del gruppo, un corpo quindi comunitario, che attraverso la prassi simbolica rivela l’intima connessione del molteplice e la vertigine del reale, un corpo che non si lascia imprigionare dall’ideologia o travolgere dal vuoto dell’attivismo spontaneo, ma che individua nel comportamento rituale l’espressione più alta e completa della comunicazione umana» (Bernardi 1983, pp. 288-289).
È un corpo che oggi ha poco riscontro, come sottolinea sempre Bernardi, nelle esperienze carnevalesche contemporanee, dove l’occhio ha il primato sulle altre dimensioni corporeo-sensoriali e dove prevale la dimensione estetica della manifestazione.
Una quarantina di anni dopo il sopra citato testo, ecco che si potrebbe vedere un corpo definibile come “post-ludico”, che emerge dallo spazio-tempo propriamente carnevalesco, ma per conquistarsi un nuovo cronotopo oppositivo.
L’opposizione, in questo caso, è con gli spazi (ma anche i tempi: Toniolo 2020) del mercato videoludico “ufficiale”. Una cosmologia di pratiche alternative e trasformative, spesso pornografiche, ma non necessariamente, in cui i personaggi videoludici stimolano e subiscono riusi trasformativi e performativi di ogni sorta.
È l’espressione di un corpo comunitario, ma in un senso estremamente diluito e fluido rispetto al suo originario e proprio significato. È l’espressione di qualche ondivaga community online basata sul fatto che, in quel preciso spaziotempo, c’è una comunione di interessi e passioni. Che possono essere il desiderio di sfruttare la (tutto sommato contenuta) ondata memetica su Geiru Toneido, o scoprire di essere dei feticisti dei piedi che sono al tempo stesso amanti di Elden Ring, o qualsiasi altro esempio recente possa venire in mente.
Ma è anche, banalmente, post-ludico perché viene dopo il videogioco. Sia perché le differenti fanart e i vari meme su Geru Toneido sono ovviamente prodotti ancillari, verrebbe da dire anche parassitari, rispetto al videogioco originario, senza cui non esisterebbero. Ma anche perché, in questo specifico caso, c’è anche stato uno scarto temporale non indifferente tra l’uscita del gioco (che è del 2016) e l’ondata dei meme.
E uscendo dal caso specifico, è un corpo post-ludico perché trasforma il (video)gioco in qualche altra cosa. Trasformazioni come queste rimangono legate a una pratica che è, in sé, di ripensamento ludico, ma il risultato finale del processo può essere qualcosa di molto differente.
Carnevalate
Tutto questo è un carnevale videoludico. Nel modo con cui è oggi ampiamente inteso il carnevale, progressivamente depauperato e spogliato delle sue componenti sia sacrali sia di critica e ribaltamento sociale. C’è sempre un ribaltamento, una trasformazione, che in molti casi non guarda però ad altro che verso il proprio ombelico.
Si possono identificare eccezioni un po’ più nobilitanti, volendo. Anche in personaggi noti per il loro essere “materiale da meme” o “materiale da porno”. Le trasformazioni fanmade di Alcina Dimitrescu in una mamma amorevole o in una icona LGBTQI+ hanno un senso differente. Immaginare le reazioni di Ankha, esposta alla famigerata Ankha Zone come se fosse vittima di un fotomontaggio o di revenge porn, ha un senso differente rispetto al video originario. Ma sono differenze non così qualitativamente rilevanti, in ogni caso.
Resta il fatto che, in questo carnevale videoludico, i personaggi indossano “maschere” differenti rispetto alla loro personalità. Scrittori di fanfiction, modder e memelord li fanno agire in maniere inattese, differenti rispetto all’originale. Li portano a interpretare altri ruoli. I loro corpi stessi – corpi virtuali, sia chiaro, ovviamente tutto questo discorso si discosta dalla corporeità effettiva del carnevale storico – vengono modificati, adattati e ripensati.
E cosa c’è, meglio di un clown, per sottolinearlo?
Clown interstiziali
Si è detto, in apertura, che il clown è una figura liminale e interstiziale. È quanto scriveva per esempio Annamaria Cascetta alcuni anni fa, nello stesso libro che ospitava il contributo di Bernardi citato in precedenza, parlando di «liminalità e possibilità» (1983, p. 178) nel corpo del clown.
Questo lo si vede in diversi modi, partendo per esempio dagli abiti del clown: «la liminalità è il connotato fondamentale del suo corpo e del suo abito: fuori posto, fuori misura e proporzione, fuori forma, o troppo largo o troppo stretto, o troppo lungo o troppo corto, l’abito, negli elementi e nei capi di cui è fatto (la bombetta, la giacca nera, la tuta da lavoro, il pagliaccetto infantile) conserva solo le tracce di un abito istituzionale, conforme alle codificazioni della moda delle occasioni, delle età o del rango, tracce di un ordine portato sul confine del caos» (Cascetta 1983, p. 180).
Guardando le fanart di Geiru Tonaido (su siti come DeviantArt) gli abiti sono generalmente troppo stretti, rispetto al suo corpo “fuori misura e proporzione”, caratterizzato in molti casi da un seno immenso, cui si aggiunge talvolta – nei casi che strizzano l’occhio a determinati feticismi – un grande pancione che deborda dall’abito o qualche altra parte anatomica ipertroficamente esagerata.
Una Geiru Tonaido che – di volta in volta – rivolge uno sguardo ammiccante, perso nel vuoto, dolce o confuso alla persona oltre lo schermo. Una Geiru Tonaido che sta giocando con palloncini fallici, con dildo variopinti o con le bretelle che comprimono il suo petto prosperoso.
Quella che, nel videogioco originario, è una villain da affrontare dialetticamente in tribunale, diventa qui la bizzarra protagonista di un ammiccamento erotico, con un corpo post-ludico che – torniamo su questo aspetto – ha sostanzialmente finito per dimenticarsi del prodotto originario, da cui ha estratto e risemantizzato tutto ciò che poteva, e che ora ha una vita propria, autonoma.
Sempre Cascetta scriveva: «di liminalità e di apertura al possibile, parlano inoltre i giochi del clown, i percorsi tracciati dal suo corpo lungo una sequenza di soluzioni imprevedibili; la sorpresa scatta fin dal primo contrasto dell’‘entrata’: il clown è lì, come una cosa di carne e di stracci la cui goffaggine è rimarcata e ridicolizzata dal riso dello spettatore, del direttore del circo o chi per lui» (1983, p. 181).
Ovviamente queste parole, come le precedenti, sono qui da recuperare in un senso traslato, da riadattare a un contesto contemporaneo e a un panorama mediale radicalmente trasformato. Il clown odierno è del resto invocato – lasciando un attimo Geiru Toneido tra parentesi – come simbolo di un più o meno vago decadimento dei costumi percepito (il cosiddetto “clown world”, espressione molto utilizzata in ambienti come 4chan). Un contesto in cui il Joker di Batman è contemporaneamente, a seconda delle sue varie declinazioni, l’icona del folle-sano che resiste al sistema (un clown in aperta lotta con il clown world, insomma), un “semplice” elemento di rottura dell’equilibrio o l’incarnazione del citato potere clownesco che avrebbe intossicato le istituzioni (come, di nuovo, in alcuni meme della stessa 4chan: Jenkins, Ford e Green 2013, p. 31).
Il “gioco” del clown è quindi diventato un gioco di potere, di palazzo. O un gioco che va a rompere le logiche del potere, che dice “il re è nudo” puntando il dito contro le storture che nessuno osa denunciare. Ma può anche essere il gioco erotico coi palloncini fallici.
Un “gioco” talmente bizzarro che smette persino di essere erotico, come molte altre delle erotizzazioni più bizzarre e atipiche dei personaggi videoludici. Talvolta lo sono per una determinata community, radunata intorno a uno specifico fetish. Per tutti gli altri, quei contenuti sono solo cringe con cui divertirsi, o da trasformare ulteriormente in qualcosa che sia ri-condivisibile su un più alto pubblico. Come il balletto di Ankha su TikTok, versione ripulita e safe for work dell’originario Ankha Zone.
Se Bauman nel suo noto Amore liquido parlava di un homo sexualis che orfano di Eros e orbo del futuro (2006, pp. 53-55), qui non è nemmeno più chiaro se ci si trovi ancora effettivamente nel campo del sesso e dell’erotismo, o in qualche dimensione liminale, che lo tocca marginalmente senza penetrarlo appieno.
Quel che sembra certo è che ci saranno sempre più Geiru Toneido. Sempre più trasformazioni post-ludiche in cui sensualità, cringe, gioco e parodia si confondono, senza che – almeno da uno sguardo esterno – nessuno possa più capire in alcun modo che cosa sta effettivamente prevalendo in quella “carnevalata”.
Bibliografia
Adams (2002): P. Adams, Humour and love: the origination of clown therapy, «Postgraduate Medical Journal», 78, pp. 447-448.
Cascetta (1983): A. Cascetta, La sfida del corpo sulla scena teatrale, in V. Melchiorre e A. Cascetta (a cura di), Il corpo in scena. La rappresentazione del corpo nella filosofia e nelle arti, Vita&Pensiero, Milano 1983, pp. 138-193.
Bauman (2006): Z. Bauman, Amore liquido, Laterza, Roma-Bari 2006, trad. it. S. Minucci (ed. orig. 2003).
Bernardi (1983): C. Bernardi, Il corpo in festa: il carnevale, in V. Melchiorre e A. Cascetta (a cura di), Il corpo in scena. La rappresentazione del corpo nella filosofia e nelle arti, Vita&Pensiero, Milano 1983, pp. 277-290.
Davison (2013): J. Davison, Clown, Bloomsbury.
Handelman (1981): D. Handelman, The Ritual-Clown: Attributes and Affinities, «Anthropos», 76(3-4), pp. 321-370.
Jenkins, Ford e Green (2013), Spreadable media. I media tra condivisione, circolazione, partecipazione, Apogeo, Milano 2013, trad. it. di V. Sala.
Liang (2022): L-H. Liang, Ace Attorney Fans Are Angry Over People Calling Clown Lady Hot, «TheGamer».
Loera (2008): S. Loera, The Humorist Void: The Clown’s Balancing Act throughout History, «History in the Making», 1, pp. 92-108.
McManus (2003): D. McManus, No Kidding!: Clown as Protagonist in Twentieth-century Theatre, University of Delaware Press.
Meyrer (2018): K.P. Meyrer, Would you like a balloon? An analysis of the clown in Stephen King’s “It”, «Letras Escreve», 8(3), pp. 239-252.
Mora-Ripoll (2010): R. Mora-Ripoll, The Therapeutic Value of Laughter in Medicine, «Alternative Therapies in Health & Medicine»,16 (6), pp. 56-64.
Peacock (2009): L. Peacock, Serious Play: Modern Clown Performance, Intellect Books.
Spitzer (2001): P. Spitzer, The clown doctors, «Australian Family Physician», 30(1), pp. 12–16.
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Tobias (2007): A. Tobias, The Postmodern Theatre Clown, in D. Robb (edited by), Clowns, Fools and Picaros
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Toniolo (2017): F. Toniolo, I “limiti” delle Monster Girls nella produzione contemporanea di manga e anime, «Piano B. Arti e culture visive», 2, 2, pp. 116–136.
Toniolo (2020): F. Toniolo, I videogiochi e il tempo: tre osservazioni sul mercato contemporaneo, «Hamelin», 49, pp. 38-51.
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