L’articolo sottolinea certe similitudini tra gli eventi di villa Beneviento in Resident Evil Village e alcune tradizioni fotografiche e manifatturiere del passato.

Ho scritto questo contributo insieme all’artista visuale e tessile Anna Bassi.

L’anno scorso ho pubblicato, su Everyeye, un altro articolo divulgativo dedicato a Donna, Angie e al feto mostruoso. Chi volesse recuperarlo lo trova qui.

La bambola sposa e la madre velata

Donna Beneviento è uno dei quattro lord di Resident Evil Village, il secondo che viene affrontato da Ethan nel corso del suo viaggio. Donna non ha subito radicali mutazioni fisiche con il Cadou ricevuto da Madre Miranda: l’unico cambiamento visibile nel suo corpo riguarda la cicatrice sul volto, che è diventata un carnoso ammasso informe. In ogni caso, Donna non rivela mai il suo viso, che è sempre celato da un velo nero. Allo stesso tempo, lei non parla mai (solo in un momento del gioco è udibile la sua voce), si esprime invece attraverso Angie, la sua bambola.

Angie è una bambola vestita da sposa, con il volto che ricorda l’emblema del casato Beneviento (un sole e una luna); è un dono che il padre di Donna – defunto – realizzò per la sua bambina. Come intuibile attraverso una nota leggibile nella casa del giardiniere della famiglia, Donna ricorreva ad Angie per parlare già prima di ottenere il Cadou da Madre Miranda, con relativi poteri. In quel caso si trattava però di semplice ventriloquia; in seguito, invece, Donna divide il Cadou tra le sue bambole, per poterle controllare a distanza, ed Angie sviluppa l’effettiva abilità di muoversi e di parlare. Anche in questo caso, però, Angie è comunque la portavoce della sua proprietaria, di cui fa le veci.

Osservandole vicine, uno dei primi elementi che risalta all’occhio di chi guarda è il contrasto cromatico tra i vestiti delle due: l’abito bianco, da sposa, di Angie si staglia sulla luttuosa veste nera di Donna.  Angie, che fa da portavoce, ha questa connotazione simbolicamente più felice, di donna che si apre alla vita e al matrimonio, in contrasto con l’apparente vedovanza della proprietaria. In realtà, dato che sono sostanzialmente la stessa persona, è come se queste due simboliche fasi della vita siano tra loro compenetrate. Questa compenetrazione è ulteriormente richiamata dallo stemma di famiglia, che a sua volta è riprodotto sul volto di Angie, simile a un sole e una luna intrecciati tra loro. Tale simbologia celeste va a rimarcare la presenza di un’apparente dualità che rivela una totalità.

Tornando all’apparenza, tuttavia, Donna e Angie appaiono come due entità distinte, visivamente. Le due sono in particolare connotate da un rapporto madre-figlia. Alla luce di questo legame, e del costume indossato da Donna Beneviento, emerge in filigrana un parallelismo con l’usanza, nata a fine ‘800, di fotografare i bambini in braccio a madri vestite di nero e con il volto completamente velato.

A sinistra: immagine estrapolata dalla serie fotografica The Hidden Mother (2006-2013), di Linda Fregni Nagler. L’artista ha raccolto 997 tra dagherrotipi, tintype, stampe all’albumina, istantanee e altro, documentando la diffusione del fenomeno della madre velata e della condizione femminile tra ‘800 e ‘900. A destra: Donna Beneviento e Angie.
A sinistra: immagine estrapolata dalla serie fotografica The Hidden Mother (2006-2013), di Linda Fregni Nagler. L’artista ha raccolto 997 tra dagherrotipi, tintype, stampe all’albumina, istantanee e altro, documentando la diffusione del fenomeno della madre velata e della condizione femminile tra ‘800 e ‘900. A destra: Donna Beneviento e Angie.

In tal modo i figli spiccano visivamente, diventando protagonisti del ritratto. Le madri sono un puro fondale fotografico e la loro identità viene completamente oscurata, rimarcando il ruolo silente che la società desiderava incarnassero. Al nostro occhio contemporaneo tali immagini suscitano immediato rimando al burqa, che cela completamente il corpo e il volto della donna che lo indossa. Donna Beneviento è “madre” di Angie, ma a parte questo la sua caratterizzazione relazionale nel videogioco è soprattutto quella di figlia. Sia nei confronti dei suoi genitori biologici, da cui eredita la casa di famiglia e Angie, sia nei confronti di Madre Miranda, che la adotta per portare avanti su di lei gli esperimenti con il Cadou.

La prima occasione in cui è possibile incontrare Donna e Angie, nel videogioco, mostra proprio le due in una posa simile a quella delle madri velate (o hidden mothers) nelle fotografie. Angie, dopo aver assistito al risveglio di Ethan (che si trova in catene al cospetto di Madre Miranda e dei lord), corre in braccio a Donna, seduta in disparte e a malapena visibile contro il fondale buio della stanza.

Angie in braccio a Donna durante la riunione dei lord con Madre Miranda.
Angie in braccio a Donna durante la riunione dei lord con Madre Miranda.

Inoltre, Donna è doppiamente oscurata, non solo in quanto “madre velata”, ma anche in quanto “burattinaia”, che non deve apparire sulla “scena”. Questo emerge con chiarezza soprattutto in un contenuto esterno a Resident Evil Village: la triade pubblicitaria Play in Bio Village, uno show di marionette che vede i quattro lord del videogioco come protagonisti. Tuttavia, al fianco di Alcina Dimitrescu, Salvatore Moreau e Karl Heisenberg è presente Angie al posto di Donna Beneviento, nonostante la sua qualifica di lord. Donna è visibile solo per un momento, nel terzo corto, intenta a muovere i burattini da dietro il fondale. Sebbene si tratti di un prodotto esterno alla storia di Resident Evil Village, questo contenuto è comunque indicativo del ruolo nascosto, “dietro le quinte”, che Donna assume.

Tornando ad Angie, si possono fare alcune considerazioni sull’oggetto bambola, a proposito di lei. La bambola è un alter ego rassicurante o minaccioso a seconda dei contesti. Le bambine e i bambini vi giocano creando personaggi immaginari che possono fare attività sognate o proibite, oppure possono diventare figure affettive, sostitutive di persone reali (Giordano 2012). Ma nelle mani di uno stregone tale oggetto può diventare potenzialmente pericoloso, ad esempio nel rituale voodoo in cui si desidera danneggiare la persona simboleggiata dalla bambola magica (Métraux 1959). Difficilmente quindi la bambola è “solo” un giocattolo, in quanto è un oggetto che si fa portatore di molteplici implicazioni, talvolta stratificate.

Nel caso di Angie, lei è la bambola che è stata ricevuta dal padre defunto, per cui rappresenta un legame con il passato, un ideale ponte verso l’infanzia perduta di Donna. Inoltre, si tratta di una bambola sposa, proiezione di una potenziale condizione futura di moglie.

Angie è la bambola più significativa di Donna Beneviento, ma non l’unica, in quanto la sua casa è colma di bambolotti di varie fattezze e dimensioni, che appaiono particolarmente minacciosi durante l’allucinato scontro tra Ethan ed Angie. Come è stato sottolineato (Pinder 2021), Donna sta giocando con Ethan, in un certo senso, durante tutta la permanenza dell’uomo all’interno della sua villa. In quest’ottica, l’abbondante presenza delle bambole va a recuperare anche quello che è il più immediato e attualmente diffuso significato dell’oggetto: l’essere un giocattolo per l’infanzia. E Donna, stando agli appunti di Madre Miranda, non è una persona mentalmente stabile: è un’adulta con comportamenti talvolta infantili, i cui problemi psichici sono stati acuiti dal Cadou.

Manichini-puzzle e Veneri anatomiche

Merita una riflessione anche il manichino ligneo, raffigurante la moglie di Ethan, presente nel sotterraneo di casa Beneviento. Anche in questo caso ci troviamo di fronte a un oggetto che, come le bambole, potrebbe essere un’ulteriore proiezione esterna, causata dalle allucinazioni, di conflitti e timori interiori.

La particolare conformazione di tale manichino, che presenta arti estraibili che racchiudono anche oggetti utili per il proseguimento dell’avventura, può ricordare la tradizione delle Veneri anatomiche. Si tratta di statue scomponibili che venivano utilizzate per mostrare l’anatomia degli organi interni, in uso a partire dalla fine del ‘700. Erano artefatti estremamente realistici, con tanto di ciglia e capelli veri, solitamente realizzate in cera, materiale che aumenta ulteriormente il senso di verosimiglianza con la pelle umana. Nella maggior parte delle Veneri, oltre agli organi estraibili, era presente anche un feto, nonostante dall’esterno non fossero visibili segni di gravidanza (Ebenstein 2017).

Sopra: Ethan ispeziona il manichino scomponibile. Sotto: Venere dei Medici o venere smontabile, officina di Clemente Susini, Specola di Firenze, 1780/82, cera, grandezza naturale.
Sopra: Ethan ispeziona il manichino scomponibile. Sotto: Venere dei Medici o venere smontabile, officina di Clemente Susini, Specola di Firenze, 1780/82, cera, grandezza naturale.

Il manichino di Resident Evil Village non è inserito con la volontà di mostrare l’anatomia femminile. Sul versante ludico, è uno strumento funzionale alla risoluzione di uno dei puzzle presenti nella villa. Sul versante narrativo, invece, rafforza il senso di colpa di Ethan nei confronti della sua famiglia. L’interazione col manichino, che raffigura sua moglie Mia, precede la comparsa del mostruoso feto gigante che insegue il protagonista nei sotterranei della casa. Ritorna, pertanto, il rapporto tra la statua femminea e il feto, seppur in modo differente rispetto alle Veneri anatomiche.

Bibliografia

Ebenstein (2017): J. Ebenstein La venere anatomica, Interlogos, Modena 2017.

Giordano (2012): M. Giordano, Trame d’artista. Il tessuto nell’arte contemporanea, Postmedia books, Milano 2012.

Métraux (1959): A. Métraux, Le vaudou haïtien, Gallimard 1959.

Pinder (2021): M. Pinder, Mouldy Matriarchs and Dangerous Daughters. An Ecofeminist Look at Resident Evil Antagonists, «M/C Journal», 24(5), 2021.