Quanto segue è un mio piccolo contributo su Moushley, la versione di Ashley Graham (Resident Evil 4) come topolina, che sta girando sui social in questi giorni.
Più che una riflessione completa, sono come degli appunti o, se vogliamo, uno spin-off di altre mie più estese e strutturate riflessioni precedenti. Queste ultime le ho segnalate in fondo all’articolo.
Meme magic
Tutto è iniziato su Twitter, nel profilo di Agrimmora, che ha immaginato Ashley Graham come un piccolo topolino. Non c’è un accordo assoluto sul perché di questa riproposizione, anche se sembra legarsi – secondo le opinioni di molti – alle orecchie di Ashley nella prima versione di Resident Evil 4. Delle orecchie che sarebbero state percepite come particolarmente grandi, degne di una topolina.
Il fenomeno è subito esploso, ricollegandosi a tutta un’altra serie di contenuti memetici preesistenti basati su topi e dintorni, tra cui It’s on the Mouse, Jerry di Tom e Jerry quando ingoia un pezzo intero di formaggio e molti altri. Così come, allo stesso modo, non sono mancate le riproposizioni legate a diversi stili di corti e lungometraggi d’animazione in cui appaiono dei topi, tra cui The Rescuers, noto in Italia come Le avventure di Bianca e Bernie.
Capcom stessa ha deciso di seguire questa ondata memetico-produttiva, con un semplice ma chiaro tweet postato il 31 marzo, in cui si limita a inserire le emoji di un topo e di un pezzo di formaggio. Alla luce del successo di Moushley negli ultimi giorni si tratta di un messaggio chiarissimo.
Nel trovarsi davanti a una simile notizia, alcuni commentatori hanno ricordato altri avvenimenti, come il peculiare culto nato in Russia, intorno alla figura di Gadget, chiamata Scheggia nel doppiaggio italiano, la topina inventrice della serie animata Cip e Ciop Agenti Speciali. In realtà, però, i punti di contatto non sono così stretti.
Zoomorfismi
Quanto si è visto è, semmai, un interessante caso di zoomorfizzazione fanmade. Interessante perché, se si osserva il medium videoludico nel suo insieme (a livello “ufficiale”, non di pratiche della community), ci si trova davanti a un grandissimo numero di animali antropomorfizzati, ma il caso contrario è meno diffuso. Ci sono, certo, eccezioni anche illustri, come Night in the Woods (2017), i cui personaggi sono degli esseri umani, rappresentati però come se fossero animali. Tolte queste eccezioni, però, è ben più forte l’altra tendenza rappresentativa, in cui vengono umanizzati animali di vario genere. In passato ho condotto una ricerca su queste rappresentazioni, con un particolare focus sul loro legame con la dimensione comunitaria (potete guardare questo mio articolo accademico, a tal proposito).
Qui ci si muove chiaramente in un altro contesto. Lontano anche dalle operazioni che si trovano talvolta nella community furry, in cui capita di trovare una zoomorfizzazione generale dei personaggi di un film, un videogioco o un altro prodotto di qualche genere. La reimmaginazione riguarda qui la sola Ashley Graham. Leon Kennedy e tutti gli altri personaggi di Resident Evil 4 rimangono degli esseri umani.
Ragionando in termini furry, si potrebbe forse immaginare Moushley come la fursona di Ashley. La fursona (contrazione dei termini “furry” e “persona”) è una sorta di alter ego che hanno numerosi furry (addirittura “quasi tutti”, secondo Reysen et al. 2019, p. 2), che condivide alcune caratteristiche con la persona che l’ha ideata, sebbene possano esserci scollamenti comportamentali e caratteriali tra le due (Plante et al. 2015; Plante et al. 2016). Di solito la fursona è una versione più fiduciosa, sicura di sé e capace del furry che si rispecchia in essa (Roberts et al. 2015), con un certo desiderio proiettivo alla base. In larga misura, l’attività di creazione della propria fursona non nasce dal tentativo di essere non umani, visto che, in ultima analisi, essa è legata alla performance dell’antropomorfismo (Dunn 2019, p. 4).
Conviene anche precisarlo: Moushley non è in senso stretto la fursona di Ashley. Lo sarebbe se Ashley Graham fosse una ragazza reale, che decide di esprimere il proprio sé attraverso una fursona, in cui si immagina come un topo antropomorfo. O, ancor più precisamente, se vedesse in quel topo antropomorfo una versione ampliata, “arricchita”, del proprio sé (Dunn 2019, p. 5).
Nondimeno, il parallelismo aiuta a introdurre la componente performativa legata all’operazione.
Le ere performative di Resident Evil
Resident Evil 4 è stato un punto di svolta nell’approccio del fandom alla serie. La sua uscita è arrivata in concomitanza con un momento espansivo delle pratiche fanmade su internet, che negli anni successivi avrebbero anche portato alla nascita di numerosi video su YouTube, in cui i personaggi della serie venivano presentati in un’ottica performativa.
Erano loro, ma al tempo stesso stavano interpretando un ruolo, soprattutto durante numerosi video musicali. Ho trattato più nel dettaglio la questione altrove, per cui rimando alle letture ulteriori più sotto per approfondimenti. Qui ci si può limitare a ricordare come Resident Evil 4 abbia chiuso una fase, in tal senso. I personaggi dei successivi Resident Evil hanno infatti perso questa caratteristica, in larga parte. Non sono mancati – è chiaro – riferimenti memetici a Resident Evil 5, ma essi sono nati internamente al gioco stesso, con ben poca rielaborazione. Chris che prende a pugni i sassi, Wesker coi suoi “7 minutes” e dintorni. C’è ben poco di quell’elemento performativo e trasformativo sopra indicato, di quel gioco delle parti in cui la community va a ripensare i personaggi della serie.
Questo, almeno, fino a Resident Evil Village, che ha dato una seconda svolta in tal senso, aprendo una nuova fase di possibilità. Anche qui, come sopra, rimando alle letture di approfondimento.
Il remake di Resident Evil 4 era allora da guardare con particolare attenzione, da questo punto di vista. Potrebbe essere presto per una piena valutazione complessiva, ma il fenomeno di Moushley è un buon indicatore. Soprattutto perché è divenuto relativamente mainstream, uscendo dalle nicchie in cui simili operazioni sono ricorrenti, senza però andare a toccare la massa. Se, per capirsi, Moushley fosse nata in un ambiente come Furaffinity, e lì fosse rimasta, il fenomeno sarebbe stato per certo da ridimensionare. Così, invece, ha un portato decisamente più ampio, indice di una certa voglia di ripensamento performativo legato ai personaggi di questo videogioco.
Anche se, va detto, il vero banco di prova sarà l’eventuale remake di Resident Evil 5, per capire se i suoi personaggi verranno a loro volta inseriti in quel gioco delle parti da cui erano rimasti in larga parte esclusi, in passato, o se quanto avvenuto con Village e con il remake di Resident Evil 4 non avrà lasciato un segno sufficiente.
Bibliografia
Dunn J. (2019), Self as Gem, Fursona as Facet(s): Constructions and Performances of Self in Furry Fandom, «Award Winning Anthropology Papers», 5.
Plante C. N., Roberts S. E., Reysen S., Gerbasi K. C. (2015), ‘By the numbers’: Comparing furries and related fandoms, in Howl T. (Ed.), Furries among us: Essays on furries by the most prominent members of the fandom, Thurston Howl Publications, Nashville, pp. 106–126.
Plante C. N., Reysen S., Roberts S. E., Gerbasi K. C. (2016), FurScience! A summary of five years of research from the International Anthropomorphic Research Project, FurScience, Waterloo, Ontario.
Reysen S., Plante C. N., Roberts S. E., Gerbasi K. C. (2019), My Animal Self: The Importance of Preserving Fantasy-Themed Identity Uniqueness, «Identity: An International Journal of Theory and Research», vol. 20, pp. 1-8.
Roberts S. E., Plante C. N., Gerbasi K. C., Reysen S. (2015), Clinical interaction with anthropomorphic phenomenon: Notes for health professionals about interacting with clients who possess this unusual identity, «Health & Social Work», vol. 40, pp. 42-50.
Letture ulteriori sull’argomento (miei contributi):
(2022) Geiru Toneido: corpi post-ludici ed ero-carnevale. Su questo sito.
(2021) Lady Dimitrescu: fenomenologia di una vampira. Su questo sito.
(2021) Alcina Dimitrescu di RE Village: la performance e l’interesse dei fan, «Everyeye».
(2021) Antro-zoomorfismo videoludico e rappresentazioni comunitarie, «Altre Modernità», 26, pp. 232-245. QUI.
(2020) La costruzione della fursona come antimimesi dell’umano e timore della copia, «Elephant&Castle», 24, 2020, pp. 1-24. QUI.